MARIO STEFANO PIETRODARCHI – bandoneon
LUCA LUCINI – chitarra
Eccoli: spavaldi, sorridenti, dinoccolati. Fieri e regali come Magi, avanzano verso di noi, carichi di bellezze sonore inaudite. Sono due Tani doc. El Tano, “l’italiano”, era un nomignolo diffusissimo tra gli italiani d’Argentina nei primissimi decenni del ‘900. Luca Lucini e Mario Stefano Pietrodarchi Lucini, come gli antichi emigranti sbarcati nell’aria calda e polverosa di Buenos Aires, possiedono fame di vita e amore per il tango (oltre ad una comune passione per il calcio, altro ingrediente indispensabile per chi desideri fare musica con fantasia e avidità). Non hanno avuto bisogno di attraversare l’Oceano, per incontrare i suoni appiccicosi e privi di scrupoli del tango. Se li sono trovati addosso, come un nome scarabocchiato su un foglietto e gettato nella culla, prima di essere abbandonati nella ruota degli orfanelli. Lucini e Pietrodarchi possiedono una capacità potente, ammaliante, sempre più rara: sanno creare una musica fatta di sguardi, di complicità, ammiccamenti, abbandoni, sincerità, certezze. Credono in quello che fanno, credono nel senso che trovano nascosto dentro ai pentagrammi, credono alle verità scoperte nelle musiche proposte. Ce lo propongono con tale convinzione e persuasività che risulta difficile non essere d’accordo con loro.
Non si sembrano solo grandi: mentre li si ascolta ci sembrano i più grandi. Ma la loro grandezza non ci limita: ci completa. Si divertono a turno e reciprocamente: prego, dopo di te… grazie, è il mio turno. Adesso insieme.. aspetta un attimo… eccomi, grazie, prego, di nuovo, perdendosi…
Mai, come nel loro caso, fare musica da camera ha significato divertimento, abbandono di ogni reticenza, gioia allo stato puro. Godono della materia sonora plasmata dal loro pensiero e ci fanno emozionare. Si concedono alla furia e alla dolcezza del tango con dinamiche che passano dal sussurro impercettibile al canto a squarciagola. Si concedono pause e corone che durano piccole eternità.
Lasciano passare la luce dentro al canto, spalancano qualche fessura nello spartito: le note una a una? Sanno far nascere un’alchimia di domande e risposte e movimenti. Danze funebri e orgiastiche allo stesso tempo. Nei tempi lenti senti disperazione, rabbia, urlo, ansia di riscatto.
Non temono di esagerare, non hanno vergogna di ridere e piangere come bambini che fanno musica così come giocano, d’essere scambiati per ingenui, impudichi, troppo sinceri, disarmati, nudi a braccia spalancate e capo reclinato e volto scosso dal singhiozzo (come nel Cattivo tenente di Abel Ferrara): in attesa che qualche miracolo accada. (Enrico Raggi)
A. Piazzolla
Oblivion
Adios nonino
Ausencias
A. Ramirez
Alfonsina y el mar
F. Canaro
Canaro en Paris
M. Falloni
Jewel
Felix Tango
A. Piazzolla
Ave Maria
A. Villoldo
El choclo